Storie

Cagliari, il pericoloso delirio di chat e social ai tempi del coronavirus

coronavirus

CAGLIARI. A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Questo dice la terza legge di Newton. Ma si applica nella dinamica, in fisica. Quando ci si sposta nel mondo dell'informazione e della giungla dei  social media - Facebook, Whatsapp, Twitter - non c'è più questo equilibrio tra forze contrapposte. Il principio diventa: a ogni azione può corrispondere una devastazione. Di una vita, di un'attività imprenditoriale, di un pezzo della società. Magari di un'intera economia. È quello che sta accadendo con il caso coronavirus a Cagliari. 

 

 

Due i dati di cronaca che hanno dominato la giornata. Il primo: un paziente ricoverato al Santissima Trinità è risultato positivo al tampone effettuato per rilevare l'eventuale  contagio. Il secondo: una donna ricoverata al Brotzu è risultata, in serata,  negativa. Nel mare magnum dei commenti e dei rilanci isterici l'uno è stato confuso con l'altra. Sono due ospedali diversi, due casi differenti. E questo è la prima distinzione che, benché scontata, va rimarcata. 

Concentrando l'attenzione su quanto accaduto intorno a Is Mirrionis, ecco che la legge di Newton va a farsi benedire. La stampa - quella più responsabile e rispettosa di leggi e codici deontologici che sì, esistono, e non sempre vengono utilizzati come la carta da toilette - si è attenuta al racconto degli elementi necessari: luogo del ricovero, l'età (utile, visto che il messaggio passato è  "il coronavirus colpisce solo i vecchi"), il ruolo (imprenditore, titolare di un locale),  gli spostamenti recenti, le condizioni di salute. Basta. Coloro coi quali è venuto a contatto sono stati rintracciati dalle autorità sanitarie: sanno di chi si tratta, la macchina della prevenzione è stata attivata. Dare altre informazioni era inutile, oltre che scorretto. 

Cosa è successo all'esterno? Sulle chat girano un nome, una foto,  l'indirizzo di un locale. Un'identità, un'immagine e un'attività imprenditoriale che rischiano di essere travolte dalla psicosi. Anche senza alcun riscontro. Tanto che molti titolari di birrerie si sono trovati a dover dire "noi non c'entriamo".  C'è chi, con un audio, aggiunge anche che un sindaco ha detto di far girare le notizie. E chi avverte: "Se sei stato nel locale vai a farti controllare". Peccato che il locale in questione sia rimasto chiuso. Non c'è alcun pericolo di contagio legato a quel posto. Non è un'ipotesi, è una certezza. Così come è certo che tutti coloro che devono cercare di gestire questa emergenza ci stanno mettendo tutto l'impegno possibile: medici, aziende sanitarie, personale degli ospedali. Tutti possono  commettere un errore, certo. Ma nessuno si aspettava di avere a che fare con un fenomeno così impattante come un'epidemia.

Dove non arriva il virus non bisogna far arrivare l'idiozia. Che per questa, anche se si mettessero al lavoro tutti  i premi Nobel della medicina della storia dell'umanità, non c'è vaccino. Ora c'è solo da augurarsi che il paziente migliori. 

Postilla sulla positività del tampone che deve essere confermata dall'Istituto superiore della sanità: finora il 100% dei campioni risultati positivi nelle varie regioni ha trovato conferma nelle analisi dell'Iss. La statistica, purtroppo, non lascia ben sperare. E se il dato sardo dovesse smentirla, beh, allora si porrebbe un problema di affidabilità delle analisi locali.