Scienza e tecnologia

"Etnia sarda" in tutto il mondo, la mappa del Dna: tra genealogia e schiavitù del futuro

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CAGLIARI. La Sardegna non è soltanto nota come terra di centenari ma è anche riconosciuta come il luogo originario di una vera e propria “etnia” di Sardi, discendenti da un antico ceppo di popolazione di origine neolitica, geneticamente diverso e distante da molti altri popoli europei.

Anche grazie agli studi degli anni ‘90 del noto antropologo Luigi Luca Cavalli Sforza insieme ad un gruppo di altri scienziati, pubblicati nell’opera “Storia e geografia dei geni umani”, sappiamo che le informazioni del Dna dei nostri antenati preistorici, grazie all’isolamento, si sono mantenute inalterate nel tempo soprattutto nelle popolazioni dell’interno della Sardegna e come questa matrice genetica originaria risulti ancora oggi ben presente e identificabile in noi sardi, nonostante le tante influenze migratorie frutto delle diverse dominazioni che il nostro popolo ha dovuto affrontare nel corso della propria storia.

Un importante esempio di questa linea genetica, che si mantiene immutata nel corso dei millenni e sembra esser in grado di attraversare il tempo e lo spazio, ci viene confermato oggi dalla presenza statistica di una vera e propria “etnia sarda” anche all’interno dell’enorme database online di ricerche genealogiche, MyHeritage (www.myheritage.com).

Basta una semplice ricerca (svolta da un utente registrato che si sia sottoposto al test rapido del Dna) nella banca dati costituita dalle centinaia di milioni di persone che sono utenti del database per constatare come sia avvenuta una vera e propria diaspora di sardi che ha lasciato tracce imponenti in tutto il mondo, in particolare nelle due Americhe.

E, scorrendo i valori percentuali a due cifre dei primi 20 paesi che vedono tale presenza, viene anche confermato quanto questa mantenga ancora oggi praticamente intatti i segni della sua matrice genetica originaria.

Ma come è stato possibile arrivare ad una mappatura genetica mondiale di questo tipo? Bisogna specificare che MyHeritage è un sistema online creato nel 2003 da una azienda israeliana che in soli 15 anni è rapidamente diventato un social network globale totalmente dedicato alla genealogia con oltre 320 milioni di profili utente in tutto il mondo.

MyHeritage permette infatti ai propri membri di creare un proprio sito di famiglia e popolarlo di informazioni, foto, video e documenti digitali riguardanti i suoi membri tra loro correlati attraverso una intricata rete di alberi genealogici. In questo modo, ogni utente di MyHeritage, può mettere in collegamento se stesso e i componenti del proprio nucleo familiare, viventi o defunti, attraverso la creazione di un albero genealogico che si può interfacciare con quelli creati da tutti gli altri membri del network che condividano informazioni simili.

La ramificazione e la struttura di una rete di questo tipo può crescere in maniera esponenziale e diventare praticamente infinita. Da ogni persona vivente o da ogni suo antenato può nascere un ramo collegabile ad un’altra persona appartenente ad alberi genealogici diversi in qualsiasi altra parte del mondo. Il collegamento tra rami o individui presenti nel sistema genealogico avviene attraverso qualsiasi informazione storica sia immessa dagli utenti o sia in qualche modo rintracciabile in rete. Il sistema di database di MyHeritage è infatti in grado di uscire dal proprio microcosmo di utenti per ricercare dati all’esterno grazie a collegamenti attraverso centinaia di altri database simili interconnessi alla rete. Questi dati condivisi possono essere recuperati ovunque: può trattarsi di un nome, un luogo o una data, che attestino la presenza di un testimone o di una persona che abbia battezzato qualcuno all’interno di un atto di nascita o di matrimonio scansionati da un vecchio documento cartaceo proveniente da un archivio ecclesiastico. Tanto per fare un esempio, legato al nostro paese, è forse utile ricordare come ogni Curia, ben prima dell’unità d’Italia e prima dell’istituzione dell’anagrafe civile, conservava in manoscritti denominati “Quinque Libris” memoria scritta degli eventi di nascita, morte e matrimonio che il clero officiava. Molti di questi archivi vecchi di secoli, sono stati digitalizzati e messi in rete.

Questo avviene oggi in molti paesi del mondo occidentale che hanno avviato processi di digitalizzazione dei materiali archivistici dei secoli scorsi conservando nei propri archivi di Enti pubblici, oppure negli archivi storici di istituzioni private quali musei e fondazioni culturali, miliardi di informazioni che possono contenere dati anagrafici utili alle ricerche genealogiche. Liste di censimento demografico, liste di combattenti o caduti nelle due guerre, libri mastri di imbarco e sbarco con i nomi e le date di nascita delle migliaia di emigrati europei che arrivavano negli Stati uniti agli inizi del secolo scorso, qualsiasi documento condiviso che riporti i dati di individui presenti in uno dei 320 milioni di alberi genealogici di MyHeritage può diventare quindi un documento allegato consultabile dagli altri utenti.

Questo ha permesso la creazione di un motore di ricerca genealogico “meta-search engine” dalle infinite potenzialità e la ricostruzione di alberi genealogici documentali che, a partire da una persona vivente, attraversano centinaia di generazioni con migliaia di dati riguardanti gli antenati che l’hanno preceduta attraverso decine di secoli. Alcuni di questi alberi genealogici si ramificano toccando tutti i paesi del mondo.

Ma questo enorme motore di ricerca con la sua vasta mole di informazioni non basterebbero da soli a rappresentare la rivoluzione tecnologica, antropologica e sociale costituita da questo sistema di cui vi stiamo parlando.

Infatti MyHeritage ha introdotto una recentissima funzione che permette, ad ogni suo utente, di inviare un proprio campione salivare per sottoporsi ad una analisi del DNA. Una analisi a basso costo e certamente meno accurata di altre, come quelle utilizzate per scopi legali quali il riconoscimento di una paternità, ma comunque una analisi perfettamente in grado di restituirgli, per la modica somma di 50 dollari, diverse informazioni quali la propria “percentuale di appartenenza ad una etnia” e anche le proprie “corrispondenze genetiche” percentuali in comparazione con le sequenze di DNA di tutti gli altri individui presenti nel sistema che si siano sottoposti allo stesso test.

Se quindi, da una parte, troviamo interessante constatare come le teorie antropologiche che ci riguardano più da vicino trovino conferma anche sulla rete è però anche chiaro come un vero e proprio esperimento sociale e antropologico di massa stia rapidamente prendendo forma sotto i nostri occhi.

Perché qualsiasi esperimento di questo tipo, seppure ci incuriosisce e affascini, deve assolutamente metterci in guardia sul rischio intrinseco che ad ogni tipo di raccolta indiscriminata di dati personali si accompagna. Il rischio di infrangere qualsiasi confine etico. Sappiamo tutti che nella maggior parte delle nuove tecnologie in rete il dato più importante ed economicamente remunerativo, per le aziende che governano le nuove tecnologie, siamo NOI essere umani con tutto quello che rappresenta la nostra vita.

E quando noi esseri umani, siamo disposti a cedere la proprietà della nostra vita, con le informazioni che essa contempla, ad uno sconosciuto azionista privato da qualche parte nel mondo, ogni labile confine tra etica e ricerca genetica diventa inutile.

Ma se questo aspetto ancora non bastasse per renderci conto di quanto ampio e grave possa diventare il problema ne aggiungerò un altro. Attraverso il sistema MyHeritage è stata di recente resa disponibile una funzione ancora più nuova, che si chiama “Celebrity Facial Matching”.

Come si intuisce dal nome questa divertente funzione, a partire da una immagine o da un video che raffigurino le persone mappate nel database genealogico, è in grado di ricostruire un identità facciale per metterla in comparazione, attraverso algoritmi matematici, con tutte le altre e permettere quindi di trovare, in rete, il proprio parente sconosciuto con tratti somatici simili, il proprio sosia oppure semplicemente i propri “15 minuti di celebrità” come direbbe Andy Warhol. Ovvero il proprio grado di somiglianza con qualche VIP attinto dalla banca dati fotografica di celebrità e volti noti dello sport e dello spettacolo o presenti attraverso i media.

Inutile dire che questa funzione è diventata rapidamente una delle più utilizzate di tutto il sistema MyHeritage.

È ovvio però quanto, ponendo da parte l’aspetto ludico di questa vicenda che ovviamente rappresenta il classico “specchietto per le allodole”, per garantire la messa a punto di un algoritmo informatico al servizio di un sistema di riconoscimento facciale evoluto come questo, l’Azienda che sviluppa MyHeritage abbia bisogno di milioni di dati e milioni di volti da tracciare, scansionare e digitalizzare. Tutte queste informazioni, una volta trasformate in “hash”, ovvero file di immagini correlate a sequenze digitali alfanumeriche codificate e univoche (attraverso processi simili a quelli che ci permettono di apporre le nostre firme digitali sui documenti informatici) potranno tranquillamente essere utilizzate come banche dati di controllo mediante “facial recognition” dai moderni sistemi di IA (Intelligenza Artificiale) al servizio della sorveglianza di massa che le polizie e i servizi segreti di tutto il mondo stanno cercando di realizzare con metodi leciti o, molto spesso, del tutto illeciti.

E quindi forse non è un caso che uno dei principali attori di questo nuovo scenario antropologico e tecnologico sia anche una società Israeliana che, da diverse parti, si sospetta collaborante con lo stato d’Israele e il suo servizio segreto: il noto Mossad, nello sviluppo dell’infrastruttura di controllo digitale della popolazione palestinese sul confine della striscia di Gaza. Tali paure e indiscrezioni sono più che fondate, come possiamo constatare anche da recenti notizie d’agenzia internazionali di questo tenore: https://www.reuters.com/article/us-microsoft-anyvision/microsoft-to-probe-work-of-israeli-facial-recognition-startup-it-funded-idUSKBN1XQ03M

La riflessione finale che questo articolo vorrebbe sollecitare in tutti è quanto il confine etico sia diventato sempre più labile e indefinito. Un confine che presto verrà dimenticato.

Il senso di libertà offertoci oggi dalle nuove tecnologie di rete, al servizio dell’intrattenimento culturale o “edutainment”, rischia di trasformarsi rapidamente nelle nuove forme di schiavitù con cui avremo a che fare nel nostro prossimo futuro. Un futuro dove i dati, e anche gli schiavi, saremo noi.