In Sardegna

Detenuti 41-bis Uta: "No all'arrivo dei boss mafiosi in Sardegna, possono contaminare il mercato"

Ticca-Uta

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UTA. “Fermiamo l’arrivo dei boss mafiosi. La Sardegna non può essere trasformata in una colonia penitenziaria”. Con queste parole viene presentata la mozione da parte del gruppo dei Riformisti sardi  in merito all’arrivo di 92 detenuti in regime 41-bis nel carcere di Uta.

Il luogo ad oggi non sarebbe in grado di ospitare nuovi detenuti viste le varie carenze a livello di servizi: “Non è solo una forzatura istituzionale, è un rischio gravissimo per la Sardegna. Stiamo parlando di un trasferimento massiccio di detenuti al 41-bis in un carcere già in difficoltà, con organici ridotti e condizioni strutturali critiche. È una scelta inaccettabile e pericolosa. C’è un rischio concreto che la presenza stabile di organizzazioni mafiose sul territorio possa alterare il tessuto economico e sociale, contaminando il mercato, sfruttando settori fragili come turismo e ristorazione, e mettendo radici invisibili ma profonde.” Commenta il consigliere dei Riformatori sardi Umberto Ticca.

Lo stesso conclude con l’appello a una presa di posizione da parte delle forze politiche. E sottolinea “La Sardegna ha già dato. Non possiamo accettare di essere trattati come una zona di relegazione penitenziaria, dopo anni di servitù militari e disattenzione istituzionale. Questa volta serve una risposta netta e unitaria. La battaglia per la dignità della Sardegna deve superare ogni divisione di partito.”

Intanto arriva anche una nota del Movimento 5 stelle, firmata Lara Serra, consigliera regionale: 

“La riunione congiunta delle Commissioni II e VI del consiglio regionale, tenutasi oggi per discutere del trasferimento di 92 detenuti in regime 41-bis nel carcere di Uta, ha rappresentato un’occasione di confronto chiaro e trasparente tra Regione e parte delle istituzioni competenti: spiace infatti che, nonostante le convocazioni formali, nessun rappresentante del Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria né alcun direttore degli istituti carcerari abbia presenziato alle audizioni, senza fornire una nota che giustificasse l’assenza o (come invece fatto dal Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Cagliari) fornire un contributo scritto al dibattito. Va ribadita con forza la contrarietà – espressa con voce ferma e inequivocabile della Presidente Alessandra Todde – alle decisioni calate dall’alto, prese senza coinvolgere la Regione, senza piani sanitari, una reale valutazione d’impatto sanitaria, ambientale e sociale: la Sardegna non deve essere trasformata in un laboratorio nazionale del 41-bis. Una linea opaca, che alimenta sfiducia e pare voler scoraggiare ogni ipotesi di collaborazione. Nel frattempo, mentre la nostra sanità penitenziaria continua ad affrontare carenze croniche che necessitano di continui interventi per sopperire ai disservizi atavici che ne pregiudicano l’efficienza, il Governo impone un carico ulteriore, richiedendo al Sistema sanitario regionale ulteriori sforzi economici ed organizzativi. Va ribadito che l’afflusso di familiari conseguente al trasferimento di tale tipologia di detenuti aumenterebbe il rischio di infiltrazioni mafiose e radicamento economico dei clan nell’isola. Lo ha detto anche l’ex Procuratore antimafia Cafiero De Raho: “La Sardegna rischia di essere colonizzata”. Va ricordato che la spesa sanitaria per i detenuti è a carico dei contribuenti regionali, quindi il trasferimento di 92 detenuti al 41 bis (verosimilmente provenienti da altre regioni d’Italia) rappresenterebbe oltretutto un aggravio di costi per i cittadini sardi, senza alcuna compensazione prevista dal Governo. Chi pensa di scaricare sulla Sardegna problemi irrisolti del sistema carcerario nazionale lo fa ignorando completamente la realtà dei nostri territori. Occorre una presa di posizione congiunta da parte di tutti i rappresentanti politici della Sardegna, ad ogni livello istituzionale, volta a difendere con dignità e coraggio la nostra terra. Rappresentare una Regione significa anche proteggerla.