In Sardegna

Cagliari, oltre 500 lavoratori irregolari e evasione da 17 milioni: 5 aziende sotto accusa

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CAGLIARI. Men at work, è il nome dell'operazione della Guardia di Finanza. Uomo al lavoro: irregolare, però. Evasione contributiva, irregolare esternalizzazione della manodopera e di tutti gli oneri connessi per abbattere il carico fiscale, evasione dell’IVA e dell’IRAP: sono reati e irregolarità scoperti dal nucleo di polizia economico-finanziaria delle  Fiamme Gialle di Cagliari dopo un'attività partita  da una  verifica fiscale avviata nei confronti di una società cooperativa cagliaritana di produzione e lavoro, utilizzata come serbatoio di manodopera da parte di 4 aziende committenti, tutte controllate da un gruppo industriale operante in Sardegna nel comparto della grande distribuzione e della produzione di generi alimentari.

Gli approfondimenti investigativi delle Fiamme Gialle – svolti in sinergica collaborazione con l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Cagliari/Oristano – hanno  consentito di smascherare un articolato sistema di frode, posto in essere dagli amministratori della cooperativa e delle imprese committenti coinvolte. Lo scopo eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo, concernenti gli obblighi contributivi, previdenziali ed assistenziali, attraverso la predisposizione di fittizi contratti di appalto per la fornitura di servizi di facchinaggio e di pulizia operati all’interno di centri di distribuzione, supermercati e opifici di trasformazione di generi alimentari. I lavoratori irregolari scoperti sono stati 526, che hanno prestato la loro opera nel giro di quattro anni. Ed è emersa un’evasione dell’IVA per oltre 9,8 milioni di euro  nonché una base imponibile ai fini IRAP sottratta a tassazione di oltre 7,3 milioni di euro,

Le investigazioni hanno fatto emergere gli indici caratteristici dell’appalto non genuino. I lavoratori assunti dalla cooperativa prestavano la loro attività sistematicamente e continuativamente a favore delle società committenti, da cui prendevano tutte le direttive organizzative, tanto da far qualificare le committenti come loro datori di lavoro effettivi. Inoltre la contrattazione salariale, le richieste di ferie e permessi e finanche le procedure disciplinari erano rimesse al management delle imprese committenti, E il contributo imprenditoriale dell’appaltatore risultava marginale: l’apporto di capitale è stato essenzialmente limitato a pagare le retribuzioni dei lavoratori utilizzati in assenza dell’esercizio del potere direttivo e organizzativo nei confronti dei dipendenti impiegati, in tal modo privando il contratto del relativo rischio di impresa (azioni legali, controversie in materia giuslavoristica, eventuali pretese dei creditori) che, di contro, sarebbe dovuto gravare sulle 4 aziende committenti.

Ciò, ha permesso di dimostrare che i contratti d’appalto analizzati, in realtà, erano stati sottoscritti solo per dissimulare il reale oggetto del negozio posto in essere tra le parti, ossia la somministrazione di personale effettuata in violazione delle specifiche norme a riguardo.

La strutturazione delle posizioni lavorative così congegnata è stata, inoltre, accompagnata dall’ottenimento di benefici fiscali e contributivi non spettanti, tant’è che le società committenti del gruppo societario interessato sono riuscite ad abbattere significativamente non solo i costi del lavoro per oltre 600 mila euro - neutralizzando il proprio cuneo fiscale mediante l’esternalizzazione della manodopera con l’effetto di ridurre illegalmente non solo i costi di “struttura” (organizzativi e del lavoro) - ma anche quelli fiscali, al fine di conseguire la massimizzazione dei profitti e vantaggi di competitività sul mercato a scapito degli operatori rispettosi delle regole.

Sono state quindi applicate, nei confronti delle 5 imprese coinvolte, ammende complessivamente superiori a 6,6 milioni di euro, nonché contestate irregolarità amministrative nei confronti degli utilizzatori e del somministratore per un totale di oltre 83 mila euro.