Culture

Al teatro Adriano di Cagliari va in scena il cinema buddhista

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CAGLIARI. Dopo il successo della seconda edizione romana il 4 e 5 novembre si apre a Cagliari al Teatro Adriano in via Sassari 13 la rassegna "Incontri con il cinema Buddhista" con film provenienti da Birmania, Cina, Francia, Finlandia, Italia e Nepal.

Nel promuovere la cultura cinematografica mondiale ispirata al sentiero tracciato dal Buddha, la cui non-violenza affonda le sue radici nella coscienza religiosa dell'uomo, la rassegna, promossa e realizzata dalla Fondazione Maitreya- Istituto di cultura buddhista e Asiatica Film Festival, con il sostegno dell’otto per mille dell’Unione Buddhista Italiana (UBI) e in partnership con Ega European Gate to Arts proietterà un insieme dei film, documentari, fiction e medio metraggi, testimonianza di una fede, un’etica, una spiritualità professata da popoli diversi, in epoche differenti e che perdura nella mente di una grande porzione dell’umanità.

Storicamente, i monaci buddhisti in India facevano del camminare una parte cruciale della loro pratica quotidiana, rimanendo consapevoli, passo dopo passo. “Camminare come Buddha” è una forma di meditazione camminando legata al respiro diffusa anche nel buddhismo zen giapponese e coreano.

Nel cammino alla ricerca di un maestro eremita, in “The Mountain Path” (foto in alto) un giovane appassionato, il regista Edward Burger, incontra monaci, tra le montagne cinesi, apparentementeDue giovani donne nel 1976 hanno la forza di salire sulle alte terre himalayane e filmare con la macchina da presi luoghi e maestri che incontrano nel loro cammino in Laddhak centro dei passi Due pioniere il cui documentario, premiato al Festival di San Sebastian nel 1978 aprono la strada a tanti europei che come loro seguiranno le orme del Buddha.

Ancora più in alto sugli altopiani inesplorati tibetani, tra cielo e terra, un fotografo e un romanziere, si confrontano in una maestosa esplorazione in “The Velvet Qeen” di Marie Amiguet, Vincent Munier. Nel santuario del leopardo delle nevi, dove ogni immagine preziosa, può trasmettere emozioni, incontri inaspettati nelle valli e sulle alte cime della montagna dove vige la lealtà spontanea dei duelli del mondo animale lontani dal mondo, ma quotidianamente con i piedi sulla terra, la loro saggezza si trasmette come esperienza fondamentale nella pratica della cura del pianeta.

In “Tukdam: between worlds” Donagh Coleman indaga la soglia della morte in meditazione - ibrida la vita e la morte a un livello senza precedenti. In ciò che i buddhisti tibetani chiamano tukdam quando i meditatori esperti muoiono in modo consapevolmente controllato. Sebbene siano morti secondo i nostri standard biomedici, spesso rimangono seduti in meditazione, senza cambiamenti fisici e senza decomporsi per giorni. Il fenomeno è documentato in una prospettiva scientifica: inspiegabile per i neuro-scienziati, da indagare per il Dalai Lama, con una serie di dialoghi tra esperti e tradizioni nel tentativo di svelare il mistero del tukdam tibetano.