PARIGI. Les jeux sont faits, rien ne va plus. Con l'arrivo nella capitale francese, il Tour chiude il sipario sull'edizione numero 104. Sono 3540 i chilometri macinati dagli atleti, partiti da Düsseldorf lo scorso 1° luglio, al termine della ventunesima e ultima frazione di questa Grande Boucle. Una pedalata di 103 chilometri da Montgeron - la cittadina dell'Île-de-France ospite della prima partenza in assoluto del Tour, nel luglio 1903 - alla più classica delle passerelle da quarantadue anni a questa parte, gli Champs-Élysées. Il primo a tagliare il traguardo di Parigi è il velocista olandese del Team Lotto NL-Jumbo Dylan Groenewegen, seguito dal tedesco della Lotto-Soudal André Greipel e dal norvegese della Dimension Data Edvald Boasson-Hagen, vincitore nella tappa di venerdì a Salon-de-Provence.
Dopo undici anni, Chris Froome è il primo corridore ad aggiudicarsi il titolo senza aver conquistato nessuna tappa: l'ultimo fu nel 2006 lo spagnolo Óscar Pereiro, a cui il titolo venne assegnato dopo la squalifica per doping dello statunitense Floyd Landis. Una maglia gialla mai realmente in discussione, quella indossata dal britannico-kenyota del Team Sky per 15 delle 21 tappe disputate: fatta eccezione per i primi quattro giorni in cui a vestirla è stato il suo compagno di squadra Geraint Thomas e la parentesi da Pau a Foix in cui il signore in giallo è stato Fabio Aru, Christopher Clive Froome è stato padrone indiscusso del maillot jaune. E oggi sugli Champs-Élysées ha messo il sigillo definitivo sul quarto Tour in cinque anni: "È un grande onore per me essere menzionato al fianco di Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault e Miguel Indurain - ha dichiarato a fine gara - È un privilegio provare a correre per il record il prossimo anno".
Nessun rimpianto per Fabio Aru, che dopo la crono di ieri a Marsiglia ha salutato la Grande Boucle dichiarando: "Voglio tornare a questa corsa il prima possibile per cercare di fare del mio meglio. Ho imparato come si corre al Tour lo scorso anno, e quest'anno ho cercato di interpretarlo al meglio". E meglio di così - tra infortuni, bronchiti e defezioni dei compagni di squadra - davvero il Cavaliere dei Quattro Mori non avrebbe potuto fare. À bientôt, Fabio, a si biri.