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"Codici Estetici": la mostra di Ghigo Chalréo, talentuoso artista affetto da autismo

 

 

CAGLIARI. Guilherme (Ghigo) Chalréo ricama immerso nella pace negli spazi del Novenario di San Gemiliano a Villanova Truschedu in occasione della sua mostra Codici Estetici. 

Dal 5 al 20 agosto sarà possibile ammirare le opere d'arte di Ghigo, artista autodidatta, affetto da autismo. Fin da piccolo ha manifestato una forte propensione per l'arte che ora può esprimere attraverso il ricamo. 

L'artista

Guilherme (Ghigo) Chalréo è un artista autodidatta, nato a Boston nel 1982, da genitori brasiliani e attualmente vive in Sardegna. 

Gli è stato diagnosticato l’autismo a soli 3 anni. Sin da piccolo, prima di parlare o andare a scuola, manifestava una notevole propensione a riprodurre determinati segni grafici sulle pareti di casa, come loghi e numeri di telefono dei negozi del quartiere. Ben presto questo primo, appassionato - quanto disordinato - esordio trovò la sua accurata archiviazione in cataste di fogli e quaderni, gelosamente custoditi.

Le sue sperimentazioni con la Fiber Art sono iniziate nel 2014, utilizzando scampoli e avanzi di materiali recuperati in casa e solo in un secondo momento ha optato per il pannolenci, che ancora predilige.

Osservando Ghigo all’opera ci si può rendere conto che niente di ciò che fa è frutto del caso, dalla scelta del materiale ai colori, dalle texture al ritmo compositivo, lui segue una precisa strategia con punti perfettamente ordinati e nodi eseguiti dal dritto piuttosto che dal rovescio, fino ad arrivare a quello che stava cercando. Tuttavia ciò che gli preme non è tanto l’esito del suo lavoro, bensì il percorso costruttivo e il piacere interiore che prova nella creazione materiale. Molto attentamente, lui accompagna l’entrare e uscire dell’ago, seguito dal filo, ripetendo tutto il processo, se necessario.

Ghigo non si ispira a nessuno e non teme confronti. 

Il parere altrui è trascurabile, per non dire inesistente. I suoi tempi di lavoro, vanno dai pochi minuti alle dodici ore senza sosta - come se la sua vita dipendesse da quello - per poi interrompere improvvisamente, nell’attesa di imbastire un nuovo rituale creativo.

Una volta finita l’opera, il processo si conclude con l’accantonamento della stessa a cui non si interessa più, un po’ come un monaco tibetano cancella il suo mandala: da parte di Ghigo non c’è un attaccamento al prodotto in sé ma al piacere e alle emozioni coinvolte nel processo di lavorazione.